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z. Confino

 

 Pagina in allestimento

 

La via del confino

di Rita Bosso

La Via del Confino è  l’insieme di strade, di viottoli, di scalinate che delimitano e attraversano l’area accessibile ai confinati.
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In questo testo la Via del Confino è divisa in segmenti.
All’inizio di ogni segmento troverete una foto (da Google Earth) su cui sono indicati i luoghi di interesse.
Sono indicati la durata media del percorso a piedi e la presenza di punti di ristoro. 
Troverete il link a testi (testimonianze, memorie, lettere) riferiti ai luoghi che state visitando.

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Se desiderate un’audioguida, potete scaricare la app per Android APPonza. Donato il confinato vi guiderà lungo la Via del Confino.

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APPonza è stata realizzata nel 2017 dagli studenti del liceo Volterra di Ciampino con il supporto della Proloco Ponza.

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Il confino fu istituito nel 1863 come “mezzo eccezionale e temporaneo di difesa”: il Regno d’Italia, nato due anni prima, se ne servì per contrastare il brigantaggio.

Durante il ventennio fascista  il confino fu inserito tra i provvedimenti di pubblica sicurezza (il testo unico è del 1926) e fu impiegato su larga scala: si contarono 262 sedi di confino e quasi dodicimila confinati.

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Il confino era un provvedimento di pubblica sicurezza; era misura di prevenzione, non pena assegnata a conclusione di un processo. La condanna al confino era l’esito di un procedimento della commissione provinciale per la pubblica sicurezza; poteva essere innescato dalla denuncia di un privato cittadino, da una delazione di un anonimo oppure da indagini di polizia.

Il Porto visto dalla località Guarini. Ai piedi del fascio littorio sostano alcuni militi.

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Il confino fu uno degli strumenti  che lo Stato utilizzò per isolare e controllare gli individui ritenuti pericolosi o fastidiosi: oppositori politici (antifascisti o fascisti), omosessuali, minoranze etniche (rom) o religiose (testimoni di Geova), singoli cittadini sospettati di aver commesso  reati che sarebbe stato difficile provare in sede di processo (ad esempio le persone sospettate di pratiche abortive).

A destra: i Cameroni in via Roma

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Le persone colpite da condanna al confino erano trasferite in un luogo isolato, lontano da quello di residenza. La legge istitutiva del confino prevedeva che la pena avesse durata massima di cinque anni non rinnovabili, tuttavia numerosi furono i casi di riassegnazione.

Al confinato era assegnata una carta di permanenza (foto a destra) che conteneva le regole a cui egli doveva attenersi.

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Ponza era località tutt’altro che spopolata e depressa, in quegli anni; inizialmente fu stabilito che  i confinati politici dovessero essere deportati nelle colonie africane ma la soluzione risultò troppo costosa.
Ponza fu scelta quale colonia confinaria per la presenza di strutture immediatamente utilizzabili (il carcere, i cameroni).

Militi sostano sotto Torre, sede della milizia.

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Ponza fu colonia confinaria dal 1928 al 1939.
Ospitò confinati politici; nel 1942 furono internati sull’isola greci, albanesi, slavi.
Tra il 1940 e il 1943 giunsero quattro confinati; anche Benito Mussolini, dopo la destituzione, trascorse sull’isola una decina di giorni.

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Lungo la Via del Confino erano dislocate le garitte, costruzioni a pianta quadrata con lato di 110 cm; le pareti erano costituite da una fila di mattoni sottili. All’interno delle garitte sostavano i militi e sorvegliavano il territorio; per accedere alla zona confinaria anche i ponzesi dovevano esibire i documenti.

Le garitte sono visibili in alcune foto d’epoca.

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La darsena Mamozio nel porto di Ponza. Alla base della rampa che conduce in piazza vi è una garitta.

Resti delle garitte numero 1 e numero 2 sono tuttora visibili in via Casino (zona Scotti).
In genere la distanza tra le garitte era tale da consentire ai militi di comunicare a voce.
La foto (degli anni Cinquanta) ritrae una giovane donna ponzese dinanzi alla garitta di via Chiaia di Luna. 

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Segmento 1- La colonia confinaria

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<![if !vml]><![endif]>20 minuti

<![if !vml]><![endif]>all’inizio del percorso, in piazza Pisacane

<![if !vml]><![endif]>Segmento1

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La   La colonia confinaria fu organizzata nell’edificio costruito dai Borbone nella seconda metà del Settecento.
All’inizio della rampa che dal molo Musco conduce in piazza Pisacane vi era una garitta (G); a sinistra, nell’edificio con archi, gli uffici della Dogana (1). In piazza c’era il comando della Milizia (2-oggi Comune).
Lungo via Roma, di fronte alle scale della Chiesa (5), alloggiò Tito Zaniboni (3-oggi Hotel Feola).
Lungo via Roma erano collocati  i Cameroni  (4, a destra),  gli uffici del Commissariato di Pubblica Sicurezza e della Direzione Colonia (6, a sinistra, sulle scalette).
Lungo via Vincenzo De Luca era collocata l’Infermeria (7, a sinistra); sulla sommità della salita vi erano la Pretura (8), il Carcere Mandamentale (9 ), la caserma della milizia (10, Torre), una mensa (11), la casa di Mario Magri (12, sulla destra).
All’inizio di via Parata si trovava un’altra garitta (oggi edicola votiva).

1.    

Un’adunata sul piazzale della Chiesa di san Silverio

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via Vincenzo De Luca; sulla sinistra l’Infermeria; in fondo, addossata alla Torre, una garitta

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In alto: Fascio giovanile a Ponza

A sinistra: la porta dell’abitazione di Tito Zaniboni. Tutte le case abitate dai confinati dovevano avere porte con spioncino affinchè i militi potessero controllare a ogni ora del giorno.

Segmento 2-via Umberto e Scarpellini

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<![if !vml]><![endif]>20 minuti

<![if !vml]><![endif]>segmento2

via del Bagno Vecchio

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Da corso Pisacane si raggiunge via Corridoio attraverso il portone di Pascarella; da qui, altre rampe di scale conducono a via Umberto.
Sulla destra si staglia la mole imponente del palazzo del Giudicato (1) in cui si trovavano la locanda Italia e una ‘casa di piacere’. Il giornalista Mino Maccari descrive in modo brioso ma non attendibile la locanda e, più in generale, la giornata dei confinati; il confino viene equiparato a una villeggiatura.
Parallela a via Umberto, in posizione sopraelevata, corre via del Bagno Vecchio in cui il confinato Ruggero Fabbri aprì una bottega in cui riparava pentole e ombrelli (2).Più avanti la casa in cui Pietro Nenni trascorse il suo periodo di confino, ampiamente citata nei diari (3, ristorante Eea). Dalla terrazza Nenni vide l’arrivo di Mussolini; l’ex duce fu condotto in barca alla spiaggia di Santa Maria e fu sistemato in una palazzina sul mare (oggi Pensione Silvia).
Lungo via Scarpellini vi erano una mensa (4, oggi B&B Mediterraneo) e l’abitazione di Maria Picicco, “la madre dei confinati” (5).

via Umberto

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la spiaggia di Santa Maria; in primo piano la casa in cui alloggiò Mussolini (oggi pensione Silvia)

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Le case del Porto; a sinistra, in secondo piano, il palazzo del Giudicato

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Nel 1949 Togliatti( a sin) e Nilde Iotti (di spalle) visitano Ponza; pranzano sulla terrazza del ristorante Eea insieme ad alcuni comunisti di Ponza, tra cui Maria Picicco ( di fronte).

Segmento 3- Dragonara

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Da  Da via Scarpellini ci si immette su via Canalone.
Via Dragonara ( la prima a sinistra da piazzetta Dragonara) porta alla casa in cui abitò Giorgio Amendola (1); di fronte, il viottolo che conduce a casa Bosso, dove vissero i confinati Carlo Fabbri e Silvio Campanile con le loro mogli ponzesi.
Tornando alla piazzetta Dragonara, si ha di fronte la via che conduce alla Cisterna Romana; nell’edificio diroccato all’inizio della strada fu istituita una mensa; nei pressi della Cisterna vi era una garitta.
La prima casa su via Chiaia di Luna fu abitata da Luigi Silvestro Camerini, che realizzò un giardino ancora ben conservato. La striscia di terra confinante con il giardino Camerini è il “Prato della Miseria”.

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A destra, la Dragonara; al centro, il giardino del duca Camerini, delimitato da un muro bianco sormontato da pilastri; sotto al muro, il Prato della Miseria, in cui i confinati che avevano pranzato nella mensa vicina sostavano a prendere il sole e a giocare a dama sotto lo sguardo vigile dei militi.

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la Dragonara; nella prima casa a sinistra abitò Giorgio Amendola

Segmento 4- Chiaia di Luna e i Galano

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<![if !vml]><![endif]>    30 minuti        <![if !vml]><![endif]>segmento 4

Ai piedi della salita che collega piazzetta Dragonara a via Chiaia di Luna si trova la casa in cui soggiornò Sandro Pertini dal 1937 al 1939 (oggi Piccolo Hotel Luisa). Sul terrazzo coltivava piante; curava una gattina a cui aveva dato nome Brichetto (in ligure: accendino); la affidò alla piccola Luisa Mazzella quando fu trasferito a Ventotene. In questa casa Pertini visse una storia d’amore con una ragazza di Ponza, Giuseppina.

Sostando alla base della salita  si ha di fronte la collinetta dei Guarini, dove era collocata l’ultima garitta; qui i confinati amavano farsi fotografare.

A metà collina, oltre la via Panoramica (costruita successivamente) si trova la casa a due piani (2) in cui vissero Admeto Bittoni e la moglie Diva; qui concepirono la loro primogenita, che chiamarono Clio in onore di un compagno greco; Clio avrebbe poi sposato Giorgio Napolitano. Nella casa si ritrovavano i comunisti dell’ala bordighiana, in netto dissidio con i gramsciani: ne scrive Otello Terzani.

Più avanti, verso Sant’Antonio, il borghetto di via Amalfitano, che si raggiunge con una scala ripida; qui vissero Camilla Ravera, Umberto Terracini, Altiero Spinelli (3-4-5).

Lasciamo l’Hotel Luisa e proseguiamo verso destra, tagliando attraverso la contrada Galano. Sul lato sinistro si distende la Padura, fertile e intensamente coltivata; sono visibili l’edificio in cui si trovavano il dopolavoro e la mensa dei comunisti, la più grande e meglio organizzata (7). Su via Galano, a destra, c’è casa Migliaccio, in cui aveva sede un’altra mensa; appena oltre, la scaletta che conduce a Sant’Antonio.

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Guido Galimberti

Il Primo Maggio del 1929 Guido Galimberti (1906-1944; muore nella Resistenza), bergamasco confinato a Ponza, indossa un bel cardigan stile casual, annoda una sciarpetta al collo, prende qualcosa da leggere e va a fare quattro passi; siede su uno spuntone di roccia, apre il libro e si mette in posa. Il panorama alle spalle di Guido è bellissimo ma quel che conta, in questa foto, non si vede o si intravede appena. Non si vedono i militi della garitta, termine della Via del Confino, affiancata da un fascio littorio, lungo la attuale Panoramica; qui molti confinati si fanno fotografare, ben vestiti e col libro in mano, in chiaro segno di sfida verso i militi in divisa e moschetto, non avvezzi alla lettura. Il libro che Guido legge è La Madre di Gorki, storia di una donna che aderisce al socialismo sulle orme del figlio, prende parte alle lotte operaie e, idealmente, diventa madre di tutti i combattenti.

La sciarpetta nera è una lavalliere. La lavalliere è  un omaggio all’esperienza anarchica della Comune di Parigi; nasce dalla bandiera nera dei comunardi, tagliata a strisce. Col tempo, la lavalliere stempera il suo significato di simbolo anarchico e diventa, più genericamente, espressione di anticonformismo; come tale ne fanno uso gli artisti, i bohemien.

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Segmento 5- Sant’Antonio

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<![if !vml]><![endif]>20 minuti                             <![if !vml]><![endif]>segmento5                        <![if !vml]><![endif]>

                  

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Attraverso le scalette dei Galano si raggiunge la località Sant’Antonio.
I confinati potevano spingersi fino all’inizio del tunnel che porta a Giancos, dove una garitta (oggi edicola votiva) sbarrava loro il passo.
Nel palazzo Martinelli (1) aveva sede il Fascio.
Nel palazzo Perrotta (2) alloggiò Cesare Rossi; la stradina che costeggia il palazzo conduceva alla sede del Dopolavoro e alla mensa dei comunisti.
Nel palazzo con gli archi (3) aveva sede la farmacia Vitiello; nei locali retrostanti alloggiarono i confinati Lelio Basso e Cencio Baldazzi (che avrebbe poi sposato Elena Vitiello, figlia del farmacista).
Nello stesso edificio visse la famiglia di
Michele Veglia, esponente dell’ala anarco-sindacale del movimento bracciantile pugliese e amico fraterno di Giuseppe Di Vittorio.
Sandro Pertini trascorse qualche anno nella casa sul tunnel che conduce al Porto (4, hotel La Baia).

foto in alto: la farmacia Vitiello

foto in basso: adunata davanti alla sede del Fascio

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Segmento 6-tornando al Porto

<![if !vml]><![endif]>30 minuti

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<![if !vml]><![endif]>segmento 6

sfilata fascista davanti al Municipio, in piazza Gaetano Vitiello

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L’ultimo tratto della  Via del Confino è l’odierno corso Pisacane.
Ci si lascia alle spalle il tunnel di Sant’Antonio, si fiancheggia palazzo Irollo, si raggiunge piazza Gaetano Vitiello; qui, nel Palazzo Tagliamonte, aveva sede il Municipio; qui si celebravano i matrimoni dei confinati.

All’arrivo del vapore i confinati si ritrovavano sulla balconata del porto e osservavano attentamente lo sbarco dei passeggeri; a volte riconoscevano qualche vecchio compagno che, ammanettato e circondato dalle guardie, veniva condotto al carcere, prima tappa dell’iter confinario.
Passavano davanti a bettole, osterie e caffè- se ne contavano circa dieci, tra Sant’Antonio e il Porto- ma non potevano frequentarle. 

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palazzo Irollo

Ponzesi in posa al Caffè Tripoli<![if !vml]><![endif]>

    Nel 1939 la colonia confinaria di Ponza fu chiusa; i confinati furono trasferiti a Ventotene, dove rimasero fino al 1943.

I co  

I confinat

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